12 Ott La merlettaia
L’articolo 45 della Costituzione recita: “La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”.
Rimuginavo questo comma così solare di ritorno da Offida, patria storica delle merlettaie marchigiane. Per la tutela e lo sviluppo del loro antico mestiere si son dovute riunire in cooperativa senza attendere le provvidenze dall’alto.
Ho ancora nella memoria la fresca sinfonia dei “fuselli” che tintinnano sul tombolo gonfio di crusca nel pentagramma tracciato da spilli e candidi fili di refe. Il merletto cresce sul modello di carta: fioriscono le filigrane dei papaveri, i mazzi di primule, i corposi melograni, la ghianda. Si materializzano allegorie amorose, scivolano placidi cigni sul rigonfiamento del tamburo.
Le vedi sugli usci le donne offidane, ”intente all’opra”; manovrano con sorprendente agilità i piccoli legni, sette coppie per il punto Rinascimento, dieci coppie per il punto Venezia, fino a diciassette coppie di fuselli per il prezioso punto antico, “tutto trine stellari come cristalli di ghiaccio”.
Si dedica all’arte il 60% delle offidane, chi occasionalmente, chi a tempo pieno. Per coprire un quadratino di 15 cm. passano sette ore. Durante una vita e oltre, come i fregi che ornano il portale di S. Maria della Rocca.
Pizzi offidani ingentiliscono i camici quattrocenteschi che furono di S. Giacomo della Marca, custoditi dai frati di Monteprandone.
Da Offida sono usciti i merletti per il lusso di principi e prelati, per le mense e per gli sponsali di nobili e dame, per gli altari barocchi e per i santi di gesso. Arte genovese, appresa chissà dove, il merletto fiorì alla grande ad Offida per l’intraprendenza delle monache benedettine che arrivarono qui nel 1644.
La musica dei fuselli non è stata mai interrotta. Ma spetta ancora l’ufficialità del riconoscimento, perché l’artigianalità delle merlettaie offidane è, prima di tutto, un bene culturale da valorizzare e salvaguardare.
Massimiliano Montesi (da un testo di Terenzio Montesi per la pubblicazione “Marche: l’Italia che fa”)
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