Il mastro pastaio

Sul crinale a due passi dal mare, tra la valle dell’Aso e il Rio Canale, Campofilone, l’antico campo dei tintori, non ha blasoni da esibire: l’impianto architettonico, le porte merlate, le antiche mura, la chiesa, il teatro e il belvedere sono gli ingredienti d’invito di tanti altri centri della marca fermana, ma Campofilone vanta la storia straordinaria di una casalinga attività che lo ha proiettato molto lontano.

Tanto che potrebbe cambiar nome, come hanno fatto altri paesi con scuse più o meno banali. Campofilone significa maccheroncini. Pasta. Peccati di gola consumati nei secoli anche da vescovi e cardinali ospiti dell’abate di San Bartolomeo.

Fili d’oro, uova e farina, sottili come i capelli dei cherubini dipinti dal Beato Angelico o da Melozzo da Forlì.

Ogni casa un laboratorio, pulito e semplice.

Lì, uomini, donne e ragazze, menando il fianco in sincrono col movimento del polso, imprimono al mattarello direzione e peso per assottigliare l’impasto di uova e farina fino a ridurlo ad una sfoglia di pergamena. Un’arte!

Come arte il taglio. Colpi secchi e velocissimi sul rotolo di pasta piegato come un peplo dorato. Poi i maccheroncini vengono sollevati e stesi sulla carta bianca, quasi asciutti, pronti per essere affogati. Pretendono tanto sugo per la gloria della tavola.

Antica specialità del sito, i maccheroncini di Campofilone sono diventati prodotti di vendita oltre i confini del paese per una curiosa circostanza.

Nello Spinosi, nella consegna di cose e nello svolgimento di commissioni, a Roma, portava come dono i maccheroncini, fatti dalle donne di casa. I fini intenditori romani non aspettavano più il pacchetto di Nello, ma i suoi maccheroncini. Buongustai! Era il 1933.

Nasceva così la confezione per il commercio. Da un generoso gesto di amicizia. Autentico artigiano, il mastro pastaio di oggi ha compiuto un salto di qualità, nel rispetto più rigoroso della normativa legislativa e nell’affettuoso riguardo nei confronti della tradizione.

Un suggerimento: andate in paese ad agosto durante la sagra del maccheroncino. Abbuffatevi: vi sentirete leggeri come gli angeli che stanno di casa, sulle bacheche di carta e pizzi, nell’edificio di una scuola in vacanza.

Massimiliano Montesi (da un testo di Terenzio Montesi per la pubblicazione “Marche: l’Italia che fa”)



Massimiliano Montesi
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