06 Ago Alimentazione “pulita” e social media
L’idea di un’alimentazione “pulita” attira molte persone, forse perché viene associata ai concetti di detox e pulizia che vanno tanto di moda da qualche anno.
Un trend decisamente in voga è proprio quello del “clean eating”, tanto celebrato sui social e in particolare su Instagram. Per clean eating si intende una dieta a base di alimenti percepiti come sani, quali ad esempio i cibi integrali (cereali, proteine magre, grassi buoni, frutta e verdura); sono ovviamente banditi zuccheri industriali, cibi processati, carboidrati raffinati, alcool e grassi idrogenati.
Negli ultimi anni, milioni di persone hanno consultato e si sono affidati ad internet, visto come una fonte accessibile in grado di fornire rapidamente informazioni sulla salute, comprese quelle inerenti le varie diete. Nello specifico, i siti web e blog alimentari sono diventati strumenti sempre più popolari per tenersi aggiornati su tematiche quali alimentazione e nutrizione.
Tali blog, però, non sempre sono creati da persone qualificate e idonee a fornire consigli nutrizionali individuali, in quanto spesso i blogger scrivono solo perché mossi da una grande passione per il cibo. Nonostante la loro elevata popolarità, si sospetta che in alcuni casi i profili nutrizionali delle ricette che promuovono potrebbero non essere coerenti con le raccomandazioni necessarie per godere di buona salute e potrebbero anche veicolare messaggi inesatti su cibo e nutrizione, rafforzando potenziali comportamenti alimentari disordinati in soggetti sensibili.
È stato dimostrato, infatti, che l’eccessiva attenzione nei confronti della qualità nutrizionale degli alimenti e le restrizioni dietetiche estreme sono implicate nell’ortoressia nervosa, definita come una vera e propria ossessione per una sana alimentazione ed indicata come una delle principali cause di malnutrizione e compromissione del funzionamento sociale (Bratman S., Knight D., Health food junkies: Orthorexia nervosa: Overcoming the obsession with healthful eating., 2001).
Un interessante studio di Ho e Chang Chien (Ho H.-Y., Chang Chien P.-H., Influence of message trust in online word-of-mouth on consumer behavior–by the example of food blog, 2016) ha inoltre rivelato che i contenuti attraenti di alcuni blog dedicati all’alimentazione trasmettevano un forte messaggio di affidabilità in merito alle informazioni erogate e che più un blog veniva considerato attendibile, maggiore era la probabilità che l’utente consumasse cibi citati o raccomandati.
Ciò fornisce un’indicazione del potere e della notevole influenza esercitata dalla promozione di determinati tipi di alimenti o schemi alimentari da parte di food-blogger noti e rinomati, con potenziali ricadute e conseguenze negative sulla salute e sul benessere dei loro “seguaci” e sostenitori.
Prendiamo ora in considerazione un fattore cruciale, ossia la percezione che i cosiddetti cibi “clean” siano più sani rispetto a quelli indicati nelle ricette tradizionali. L’alone di salutismo che circonda alcuni ingredienti potrebbe indurre i consumatori a credere che l’assunzione di determinati cibi comporti effettivi benefìci sul loro organismo e ciò potrebbe incidere in maniera decisiva sulle loro scelte alimentari: non a caso si è portati a consumare il 35% in più di un cibo, qualora sia etichettato come la versione “sana” di un prodotto analogo e affine (Provencher V., Jacob R., Impact of perceived healthiness of food on food choices and intake, 2016).
In realtà, in termini di profilo calorico e profilo nutrizionale non si registrano differenze significative fra gli ingredienti promossi e sponsorizzati come “clean” (ad es. olio di cocco, sciroppo d’acero, latti vegetali) e gli ingredienti tradizionali (ad es. burro, zucchero, latte vaccino).
Pertanto, è improbabile che coloro che seguono pedissequamente le ricette alimentari “pulite” promosse sui social riscontrino dei significativi giovamenti salutistici, in quanto tali proposte potrebbero non rappresentare le alternative più sane e ogni ricetta dovrebbe essere opportunamente contestualizzata e non valere genericamente per tutti, in maniera indifferenziata e spersonalizzata.
Dott.ssa Laura Campagnoli (Biologa nutrizionista)
Glynnis Caesar Kaete
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