I Proverbi contadini (10): tra mito e saggezza popolare

Eccoci giunti a novembre, che coincide con il penultimo appuntamento mensile con gli antichi proverbi marchigiani tipici della civiltà rurale mezzadrile e tratti dalla ricchissima raccolta di Leandro Castellani (datata 1973 ed edita da Aldo Martello), un vero e proprio giacimento culturale che racconta la nostra storia, le nostre radici e il nostro profondo vissuto.

Novembre è il mese delle piogge ricorrenti, dei primi freddi e delle prime consistenti nevicate.

Nonostante tali condizioni climatiche avverse, allora molto più marcate rispetto ad oggi, la natura e i contadini non si possono concedere il lusso di fermarsi e continuano a lavorare e a “mietere” sudore indefessamente.

La natura, infatti, non si stanca di regalarci, sulla scia dei sapori, odori e profumi autunnali caratteristici anche del mese di ottobre, i suoi preziosi e succulenti doni, quali ad esempio i cachi, le castagne, le pere, i kiwi e le prime noci.

E gli agricoltori compiono due operazioni di fondamentale e primaria importanza: la raccolta delle olive, il cui periodo può variare da fine ottobre a inizio dicembre a seconda delle cultivar, ma per quanto riguarda la varietà di olive da olio il mese indicato come ideale per raccoglierle è proprio novembre, e la semina del grano.

Prima di lasciare spazio ai proverbi, è doveroso dedicare due parole al grano, sia tenero che duro: si tratta della coltura da reddito principale e più diffusa nella nostra zona e la sua semina dunque è una pratica atavica ed ancestrale, svolta qui sin dalla notte dei tempi.

Io so’ novembre che pacco le legne / e le pacco pe’ quanno ce nègne. (Fermo)

Io son novembre che spacco la legna per quando nevica.

Li Sandi, la ne’ pe’ li cambi. (Fermo)

I Santi (1 novembre), la neve per i campi.

Tutti i Santi le scale pi campi. (Ancona)

Tutti i Santi: le scale nei campi per la potatura.

Lo bello seminare / ‘na settimana avanti e ‘na settimana dopo li morti. (Fermo)

Una buona semina è quella fatta una settimana prima e una dopo dei morti (2 novembre).

I morti, ‘a nêe p’i fossi / le fâe pei morti. (Cingoli)

I morti: la neve per i fossi; le fave (dolce caratteristico) per i morti.

Sanda Zaccaria / la più longa jornata che cce scìa. (Macerata)

S. Zaccaria (5 novembre), la giornata più lunga che ci sia.

San Martì, rpunni l’acqua e caccia lo vì. (Macerata)

S. Martino, metti via l’acqua e comincia a bere il vino.

Per Santa Marinella / si mette la cannella. (Fabriano)

Per S. Marinella (12 novembre) si mette la cannella alla botte per assaggiare il vino nuovo.

Quel che fa’ ‘l gran sartore fa ‘l gran Signore. (Arcevia)

Il tempo che fa il giorno di S. Omobono, patrono dei sarti, fa il giorno di Natale.

San Clemente / chi ha grà e semente; / e chi ha semente e grà / tira innanze sino a Natà. (Fermo)

S. Clemente (23 novembre): chi ha grano e sementi tira avanti sino a Natale.

Passata S. Caterina, cojji la jia o bianca o nira. (Fermo)

Passata S. Caterina, cogli l’oliva o bianca o nera.

San Simo’, tutte le mosche casca giò. (Osimo)

S. Simone, tutte le mosche cadono morte dal freddo.

Sant’Andrea, pija ‘l porco e pela, sci ‘l porco non è grassu, làsselo per S. Tommaso, e sci non è ggrasso bè, làsselo pe n’altr’anno che vié. (Jesi)

S. Andrea (30 novembre), ammazza il porco e scorticalo, se non è ancora grasso lascialo per S. Tommaso e se non è grasso bene lascialo per l’anno prossimo.

S. Andrea, o la nev o la bufèa. (Urbino)

S. Andrea o la neve o la bufera.

Ci vediamo a dicembre…

Lorenzo Romagnoli (Dottore in Filosofia)



Lorenzo Romagnoli
l.romagnoli@arca.bio
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